“Si stavano baciando in spiaggia, quando un dipendente dello stabilimento balneare ha chiesto loro di smetterla e di allontanarsi perche’ segnalati da tre bagnanti che si ritenevano infastiditi dai loro baci. E’ successo alla fine di luglio sul litorale di Ostia a Roma a due ragazzi ventenni: R. e M., entrambi romani, che si sono rivolti alla nostra associazione per denunciare l’accaduto e richiedere supporto”. Lo denuncia il responsabile dell’Ufficio legale di Arcigay Roma, Daniele Stoppello.
“L’episodio si e’ verificato nello stabilimento balneare ‘Settimo Cielo’ – prosegue Stoppello - conosciuto e frequentato da anni dalla comunita’ lesbica e gay. A seguito della discussione che e’ nata con il dipendente dello stabilimento, a cui hanno assistito diverse persone, i due ragazzi hanno chiamato le Forze dell’Ordine, che sono intervenute per riportare la calma”.
“A due ragazzi viene chiesto di allontanarsi a causa di un bacio: e’ un fatto molto grave – afferma il presidente di Arcigay Roma, Fabrizio Marrazzo – che una coppia gay debba ricevere un simile trattamento e subire un’aggressione verbale. Nelle ultime settimane si sono verificati episodi analoghi anche in altre citta’: un segnale di quanto sia necessario promuovere una nuova cultura nella societa’, anche in settori strategici per il nostro paese, come quello del turismo’.
‘Ci auguriamo – continua Marrazzo - che il gestore dello stabilimento si dissoci dal gesto di questo dipendente e valuti tutte le conseguenze del caso. Il prossimo fine settimana distribuiremo volantini sul litorale per ribadire la forza di amori e baci alla luce del sole”.
“Proprio per sottolineare il disagio che questo episodio ha arrecato ai due ragazzi – aggiunge Stoppello - chiederemo un risarcimento danni al dipendente dello stabilimento perche’ e’ stato compromesso il diritto di godimento di un bene demaniale in condizioni di parita’ dei diritti e delle liberta’. E’ necessario fare in modo che comportamenti simili non si ripetano mai piu’”. “Alle Istituzioni – conclude Marrazzo - ribadiamo l’invito a un impegno contro l’omofobia e ogni forma di discriminazione con iniziative culturali, sociali e formative. E’ importante coinvolgere anche il mondo economico e le associazioni di categoria perche’ Roma possa uscire dalla crisi economica anche grazie al suo essere una citta’ accogliente e piu’ libera, capace di attrarre turisti come le altre mete internazionali”.
(Adn Kronos)
mercoledì 11 agosto 2010
venerdì 6 agosto 2010
Facebook: ecco le conseguenze del crowdsourcing
"Crowdsourcing. È la parola del momento: significa affidare un lavoro a una massa di utenti volontari invece di pagare qualcuno per farlo professionalmente. Piace soprattutto ai boss dei grandi nomi di Internet perché fa risparmiare. A volte funziona piuttosto bene (Wikipedia ne è un esempio), ma quando la voglia di sfruttare l'utente invece di retribuire un professionista prende il sopravvento sul buon senso succedono guai.
Lo ha imparato pochi giorni fa Facebook, che ha pensato bene di guadagnare ancora di più affidando agli utenti il compito di tradurre in varie lingue la propria interfaccia tramite l'applicazione Facebook Translations. L'idea è piaciuta a Facebook così tanto da chiedere di brevettarla, e nel 2008 ha funzionato egregiamente, consentendo al social network di passare da un'interfaccia esclusivamente in inglese a ben 16 lingue nel giro di pochi mesi (oggi ne supporta oltre 60).
Ma qualcuno ha forse pensato di tagliare ancora di più i costi ed eliminare qualunque controllo delle traduzioni fornite. Se un numero sufficiente di utenti traduceva una frase dell'interfaccia in un certo modo, quella traduzione veniva adottata automaticamente da Facebook e veniva resa pubblica e visibile a tutti.
Un'occasione irresistibile per i burloni della Rete. A fine luglio, infatti, la versione spagnola e quella turca di Facebook hanno iniziato a presentare ai propri utenti delle traduzioni un po' particolari: per esempio, in spagnolo l'avviso di compleanno è diventato "f*ck you b*tches" (con la U e la I al posto degli asterischi) e "Vedi tutte le foto" è diventato "See all d*cks". Come traduzione di "ha commentato la foto", gli utenti spagnoli si sono visti un finissimo "ha follado la foto", che per chi non mastica l'ispanico idioma apre nuovi orizzonti sulle forme di interazione fisica fra persone e immagini fotografiche.
Nella versione turca dell'interfaccia, invece, sono comparsi avvisi del tipo "Non è stato possibile inviare il tuo messaggio perché il tuo fallo è piccolo" al posto di "perché il destinatario è offline".
L'effetto si è diffuso anche al di fuori di Facebook, su tutti i siti che ospitano l'onnipresente pulsante "Mi piace" del social network e che quindi sono diventati diffusori di turpiloquio (per esempio, la versione turca di "Mi piace" è diventata un invito al congresso carnale di quattro lettere).
La faccenda ha spaventato parecchi utenti del social network, che hanno temuto che Facebook fosse stato "hackerato" e violato da potentissimi vandali. Invece no: era stata Facebook stessa a spalancare ai burloni le proprie porte. Il problema è stato corretto rapidamente, ma non prima di aver dimostrato la scarsa attenzione alla sicurezza dei gestori del social network, perché al posto delle parolacce avrebbero potuto esserci link a siti-trappola.
Queste sono le conseguenze dell'avidità di chi vuole risparmiare su tutto per fare ancora più fantastilioni. Speriamo che la lezione sia stata imparata."
(da Il Disinformatico, il blog di Paolo Attivissimo)
Lo ha imparato pochi giorni fa Facebook, che ha pensato bene di guadagnare ancora di più affidando agli utenti il compito di tradurre in varie lingue la propria interfaccia tramite l'applicazione Facebook Translations. L'idea è piaciuta a Facebook così tanto da chiedere di brevettarla, e nel 2008 ha funzionato egregiamente, consentendo al social network di passare da un'interfaccia esclusivamente in inglese a ben 16 lingue nel giro di pochi mesi (oggi ne supporta oltre 60).
Ma qualcuno ha forse pensato di tagliare ancora di più i costi ed eliminare qualunque controllo delle traduzioni fornite. Se un numero sufficiente di utenti traduceva una frase dell'interfaccia in un certo modo, quella traduzione veniva adottata automaticamente da Facebook e veniva resa pubblica e visibile a tutti.
Un'occasione irresistibile per i burloni della Rete. A fine luglio, infatti, la versione spagnola e quella turca di Facebook hanno iniziato a presentare ai propri utenti delle traduzioni un po' particolari: per esempio, in spagnolo l'avviso di compleanno è diventato "f*ck you b*tches" (con la U e la I al posto degli asterischi) e "Vedi tutte le foto" è diventato "See all d*cks". Come traduzione di "ha commentato la foto", gli utenti spagnoli si sono visti un finissimo "ha follado la foto", che per chi non mastica l'ispanico idioma apre nuovi orizzonti sulle forme di interazione fisica fra persone e immagini fotografiche.
Nella versione turca dell'interfaccia, invece, sono comparsi avvisi del tipo "Non è stato possibile inviare il tuo messaggio perché il tuo fallo è piccolo" al posto di "perché il destinatario è offline".
L'effetto si è diffuso anche al di fuori di Facebook, su tutti i siti che ospitano l'onnipresente pulsante "Mi piace" del social network e che quindi sono diventati diffusori di turpiloquio (per esempio, la versione turca di "Mi piace" è diventata un invito al congresso carnale di quattro lettere).
La faccenda ha spaventato parecchi utenti del social network, che hanno temuto che Facebook fosse stato "hackerato" e violato da potentissimi vandali. Invece no: era stata Facebook stessa a spalancare ai burloni le proprie porte. Il problema è stato corretto rapidamente, ma non prima di aver dimostrato la scarsa attenzione alla sicurezza dei gestori del social network, perché al posto delle parolacce avrebbero potuto esserci link a siti-trappola.
Queste sono le conseguenze dell'avidità di chi vuole risparmiare su tutto per fare ancora più fantastilioni. Speriamo che la lezione sia stata imparata."
(da Il Disinformatico, il blog di Paolo Attivissimo)
lunedì 2 agosto 2010
Il 45% dei precari ha solo licenza media, il 17% sono laureati
Quasi un precario su due ha al massimo la licenza media, mentre solo il 16,6% ha raggiunto la laurea. Lo sostiene un'indagine dell'ufficio studi della Cgia di Mestre, secondo cui su un totale di oltre 3,751 milioni di lavoratori senza contratto di lavoro stabile, oltre 1.708.400 (il 45,5%) non ha proseguito gli studi dopo aver terminato la scuola dell'obbligo. I giovani neolaureati, invece, sono solo il 15,5% (in valore assoluto 582.950 persone), cui va aggiunto un altro 1,1% (pari a 43.021 persone) di lavoratori instabili che ha ottenuto anche il diploma post-laurea. È il Sud, in particolare, a mostrare la presenza più significativa di lavoratori flessibili: sono quasi 1,320 milioni, pari al 35,18% del totale. Seguono il Nord-ovest con 935.133 precari (il 24,92% del totale), il Centro con 813.627 (21,68%) e il Nord-est con 682.606 (18,19%). Sul totale degli occupati italiani, l'incidenza dei lavoratori senza contratto a tempo indeterminato è del 16,3%, mentre al netto di quelli presenti nella pubblica amministrazione l'incidenza si contrae a circa il 13%. Tra i settori produttivi più colpiti dal precariato, al primo posto ci sono gli 'altri servizi pubblici e sociali' (32,3%), un comparto eterogeneo in cui figurano le attività artistiche, ricreative e di divertimento. Le 'altre attività' di servizi includono i sindacati, i partiti, le riparazioni dei computer ed elettronica, le lavanderie, i parrucchieri, le estetiste e le palestre. Le attività sociali alle famiglie, invece, includono il personale domestico e l'assistenza agli anziani. Ma i precari, sottolinea la Cgia, abbondano anche nel settore alberghiero-ristorazione (31,1%) e in agricoltura (27,7%), mentre le attività con minore presenza di lavoratori flessibili sono la manifattura e l'energia (8,7%). "Questi precari con basso titolo di studio - evidenzia il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi - sono in questa fase di crisi economica quelli più a rischio. Nella stragrande maggioranza dei casi svolgono mansioni molto pesanti da un punto di vista fisico e, per questo, ritengo che la formazione debba essere posta al centro di qualsiasi attività che abbia come obiettivo la professionalizzazione di tutti e, in particolare, di questi lavoratori".
(Apcom)
(Apcom)
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