Quasi un precario su due ha al massimo la licenza media, mentre solo il 16,6% ha raggiunto la laurea. Lo sostiene un'indagine dell'ufficio studi della Cgia di Mestre, secondo cui su un totale di oltre 3,751 milioni di lavoratori senza contratto di lavoro stabile, oltre 1.708.400 (il 45,5%) non ha proseguito gli studi dopo aver terminato la scuola dell'obbligo. I giovani neolaureati, invece, sono solo il 15,5% (in valore assoluto 582.950 persone), cui va aggiunto un altro 1,1% (pari a 43.021 persone) di lavoratori instabili che ha ottenuto anche il diploma post-laurea. È il Sud, in particolare, a mostrare la presenza più significativa di lavoratori flessibili: sono quasi 1,320 milioni, pari al 35,18% del totale. Seguono il Nord-ovest con 935.133 precari (il 24,92% del totale), il Centro con 813.627 (21,68%) e il Nord-est con 682.606 (18,19%). Sul totale degli occupati italiani, l'incidenza dei lavoratori senza contratto a tempo indeterminato è del 16,3%, mentre al netto di quelli presenti nella pubblica amministrazione l'incidenza si contrae a circa il 13%. Tra i settori produttivi più colpiti dal precariato, al primo posto ci sono gli 'altri servizi pubblici e sociali' (32,3%), un comparto eterogeneo in cui figurano le attività artistiche, ricreative e di divertimento. Le 'altre attività' di servizi includono i sindacati, i partiti, le riparazioni dei computer ed elettronica, le lavanderie, i parrucchieri, le estetiste e le palestre. Le attività sociali alle famiglie, invece, includono il personale domestico e l'assistenza agli anziani. Ma i precari, sottolinea la Cgia, abbondano anche nel settore alberghiero-ristorazione (31,1%) e in agricoltura (27,7%), mentre le attività con minore presenza di lavoratori flessibili sono la manifattura e l'energia (8,7%). "Questi precari con basso titolo di studio - evidenzia il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi - sono in questa fase di crisi economica quelli più a rischio. Nella stragrande maggioranza dei casi svolgono mansioni molto pesanti da un punto di vista fisico e, per questo, ritengo che la formazione debba essere posta al centro di qualsiasi attività che abbia come obiettivo la professionalizzazione di tutti e, in particolare, di questi lavoratori".
(Apcom)
lunedì 2 agosto 2010
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