Sul tema ho trovato molto interessante questo pezzo di Luigi Zingales uscito sul Sole24 di ieri che spiega perché sono critiche ingiuste e come sono nate:
Luigi Zingales |
"Qualsiasi mossa di Mediobanca per espellere Perissinotto sarebbe considerata dal mercato un segnale terribile" scriveva con aria minacciosa l'FT sabato, citando un anonimo investitore, nonostante il titolo Generali fosse salito quando i rumor di un cambio di guardia si erano diffusi sul mercato. Dopo il fatto, l'FT calcava la dose scrivendo "il colpo che ha defenestrato Perissinotto ricorda ere passate del mondo societario italiano, quando decisioni importanti per imprese quotate erano prese a porte chiuse e gli azionisti di minoranza scoprivano il destino del loro investimento aprendo il giornale la mattina". A leggere l'FT sembra quasi che nel mondo societario anglosassone i Ceo siano scelti per referendum su internet.
Poi, a conferma delle minacce della vigilia, l'Ft cita un ex-ambasciatore Usa a Roma, Mel Sembler, che dichiara "L'iniziativa di rimuovere Perissinotto da Ceo di Generali è mal congegnata e trasmette un'immagine negativa dell'Italia al mondo". Certamente al "suo" mondo, visto che dall'Ina di Perissinotto aveva comprato l'ex-palazzo Massimo Colonna, da lui fatto ridenominare Palazzo Mel Sembler. Sarò il solito bastian contrario, ma a dispetto dell'Ft, penso che questa decisione rappresenti una svolta positiva nella corporate governance in Italia.
Che la gestione di Perissinotto lasciasse a desiderare non lo avevo scritto solo io qualche mese fa, ma l'avevo detto il fondatore di Luxottica Del Vecchio, uno che di management se ne intende e che in Generali ha messo i soldi suoi, non quegli altrui. Se a Mediobanca c'è da rimproverare qualcosa non è che si sia mossa, ma che si sia mossa troppo tardi, forse spinta solo dal timore del suo amministratore delegato che a prendere il posto potesse essere lui. Ma ben venga. Alcuni economisti chiamano le recessioni "cleansing" (che fanno pulizia), perché spingono le imprese ad eliminare inefficienze, incluse quelle ai vertice delle imprese.
L'FT non poteva avere maggiormente torto quando accusa che la decisione sia stata presa "dietro porte chiuse". Questa è una delle poche decisioni che è stata presa in consiglio con un voto controverso. È non solo naturale ma anche giusto che sia stata preceduta da una discussione tra gli azionisti, d'altra parte sono loro che ci mettono i soldi. Non so quale ruolo Mediobanca abbia avuto in queste discussioni, ma di certo non ha dettato legge. Senza i voti di Caltagirone, Scaroni, Pelliccioli, e di due indipendenti di minoranza, la mozione di sfiducia non sarebbe mai stata approvata. Vista la consuetata e deplorevole fuga di notizie, direi che non ci sia stata decisione più trasparente e meno "a porte chiuse" di questa. Il fatto stesso che i tre indipendenti di minoranza abbiano votato - a quanto risulta - in modo differenziato è dimostrazione dell'indipendenza di questa scelta: il dissenso è naturale quando la gente pensa con la propria testa.
Il nuovo manager poi non ha le caratteristiche tipiche del protetto di Mediobanca. Sembra un manager capace e indipendente che porta un po' di aria fresca a Trieste. L'università di Trieste ha ottime facoltà, ma possibile che tutti i manager del Leone dovessero venire da lì?
L'unico aspetto negativo della faccenda è stato il clamore mediatico sollevato da Perissinotto per cercare di salvare la propria posizione. Con una tenacia degna dei migliori politici democristiani, non ha esitato a trascinare in basso la sua società pur di rimanerne al vertice. Se c'era dubbio alcuno che non fosse più la persona giusta per guidare il Leone, il suo comportamento recente lo ha fugato.
Nei miei studi accademici mi sono occupato dell'importante ruolo che i giornali giocano nella corporate governance. Proprio perché importanti, anche i giornali sono spesso vittime delle pressioni delle parti in causa. Talora si tratta solo di un oculato spin, che le agenzie di public relation riescono a comunicare ai giornalisti. Per esempio, Bill Browder, manager del fondo Hermitage, era un mago nell'influenzare lo spin degli articoli pubblicati sulla stampa angloamericana riguardanti le imprese russe in cui aveva investito. Nel suo caso si trattava di esporre violazioni di corporate governance e conflitti di interesse, quindi era solo che positivo. Ma alcuni articoli assomigliavano un po' troppo alle presentazioni preparate dall'Hermitage fund, che in genere non veniva neppure citato come fonte.
Spesso la colpa è solo di alcuni giornalisti che per pigrizia si fanno "catturare" dalle loro fonti. La qualità e l'autorevolezza di un giornale consiste anche nel saper contrastare le sollecitazioni che ricevono dagli "spin doctor" e nel prevenire che i suoi giornalisti si facciano "catturare" dalle loro fonti.
Giustamente l'FT ha una ottima reputazione in questo campo. Ma proprio per questo, prima di criticare la governance in Italia, dovrebbe essere sicuro di presentare sempre un'analisi bilanciata dei fatti." »
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